Arte televisiva
Quando l’argomento è la televisione, è legittimo parlare di arte? Se l’arte è l’espressione umana che coniuga la volontà di veicolare un messaggio attraverso un mezzo che esalta l’espressività e l’invenzione, allora la risposta è sì.
Fin dai suoi albori, nel lontano 1954, la televisione è entrata nei salotti delle famiglie con la sua programmazione diversificata, ricalcata da quella della radio, ma rinnovata e arricchita di elementi nuovi: gli studi, le scenografie, i volti di conduttori e attori.
Da allora i palinsesti si sono arricchiti sempre di più, con informazione, intrattenimento, cultura, contenuti per ragazzi, attraverso la diffusione di produzioni locali e internazionali. Basta dare un’occhiata al sito della RAI – per rendersi conto del moltiplicarsi dell’esperienza di spettacolo. L’utente può scegliere tra programmi in onda, TV on demand, satellitare, streaming o canali tradizionali.
Si parla di tempi televisivi quando si vuole indicare un avvenimento che deve aver luogo in modo veloce, senza protrarsi troppo. Un tempo mutuato dalla pubblicità che ormai invade anche gli angoli dei maxischermi con messaggi e proposte durante la scena clou di un film, quando l’attenzione dello spettatore è al massimo.
Forse è proprio quando si riduce tutto ad un calcolo di profitti che diventa difficile parlare di arte, ma sarebbe meglio definirlo business.